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L’impatto dei costi sanitari e sociali del tabagismo in Italia rappresenta uno dei maggiori problemi di sanità pubblica, a causa del fatto che più di 12 milioni di italiani usano tabacco e molti di essi soffrono di patologie correlate al fumo.

Nonostante la consapevolezza della vastità dei danni, la cultura della prevenzione e le conoscenze sulle tecniche di cessazione sono molto limitate tra gli operatori sanitari. Nella maggior parte dei casi gli interventi consistono in un consiglio generico di smettere, senza fornire indicazioni specifiche e ancor meno supporto associato a terapie farmacologiche.

Questo fa sì che la percentuale di cessazioni “spontanee” dal fumo rimanga molto bassa (generalmente inferiore al 3% l’anno), a causa della dipendenza provocata dalla nicotina e dalle conseguenti difficoltà ad attuare un cambiamento.

Tra gli ostacoli, oltre alla scarsa conoscenza dei trattamenti, ricordiamo alcuni luoghi comuni, come quello che identifica il tabagismo come una banale abitudine voluttuaria, l’atteggiamento giudicante verso chi non riesce a disintossicarsi o l’idea che i pazienti debbano superare il problema con le sole risorse personali.

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